Rete oncologica inesistente in FVG: grave carenza nelle cure dei tumori

Recentemente un cittadino con un familiare ammalato di cancro ha indirizzato una segnalazione all’ANAAO ASSOMED, il sindacato dei medici ospedalieri, denunciando lo stato di abbandono in cui si trovano molti malati affetti da tumore nella nostra regione:
 

Oggi, in Friuli Venezia Giulia, i malati di tumore in cura o che hanno bisogno di riabilitazione post operatoria, sono abbandonati a sé stessi o, nel migliore dei casi, affidati alle iniziative, più o meno valide, certamente non coordinate, delle singole strutture di riferimento. Ciò accade in quanto, in questa regione, non è ancora stata istituita la rete oncologica regionale (ROR) già attivata, da tempo, in altre regioni (Toscana, Piemonte, Lombardia, ecc.) modello organizzativo ritenuto il più efficace ed efficiente.

Il Nord Italia è diffusamente coperto dalle Reti oncologiche, che sono già attive in Veneto, Trentino, Lombardia, Piemonte, Toscana, mentre il Friuli Venezia Giulia risulta essere in grave ritardo.
 
Quindi di fatto nella nostra regione le cure oncologiche sono lasciate alla buona volontà delle singole strutture, mancando le specifiche azioni programmatiche e i percorsi comuni che solo una puntuale organizzazione di rete a livello regionale può garantire a tutti i malati.
 
I benefici che derivano da un’ organizzazione in reti sono ampi e molteplici:

  • accessi alle cure facilitati tramite centri diffusi sul territorio in grado di prendere globalmente in carico ogni singolo paziente assicurando la regia e fornendo le indicazioni occorrenti nei diversi passaggi dell’intero percorso;
  • integrazione multi-professionale con la costituzione di gruppi tumore-specifici che adottano in modo condiviso percorsi di cura che rappresentano un riferimento per tutti i professionisti impegnati;
  • individuazione e definizione delle caratteristiche delle strutture richieste per il trattamento delle diverse patologie neoplastiche, selezionando in quest’ambito centri di riferimento, in particolare per patologie ad elevata complessità;
  • accesso ai trattamenti farmacologici anche nelle sedi periferiche sulla base delle caratteristiche del centro, limitando gli spostamenti dei pazienti, in particolare nei territori a difficile logistica.

 
Assicurare tutto ciò consentirebbe un significativo aumento di chance di sopravvivenza ai malati di tumore, e anche meno disagi e meno sofferenze, perchè potrebbero essere garantiti gli interventi riabilitativi nei tempi giusti, oggi assai difficilmente ottenibili, nonché una migliore assistenza domiciliare e adeguate cure palliative. Dalla carenza di tutto questo deriva anche la frustrazione dei familiari quando non riescono a ottenere risposte adeguate per il congiunto malato o non sanno a chi rivolgersi, e alla fine l’unica alternativa è la corsa al Pronto Soccorso, la sola struttura a poter dare una risposta tempestiva e qualificata 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno.
 
E’ recentissima la notizia della ventilata chiusura dell’ambulatorio oncologico dell’Ospedale San Michele di Gemona che significherebbe l’impossibilità ad assicurare la somministrazione in loco della chemioterapia, per cui i malati di quel territorio dovrebbero effettuarla in altre sedi, con gli oneri e i disagi che ciò comporta soprattutto per malati così provati.
 
Risale ad alcuni mesi fa l’interrogazione parlamentare circa i tempi di attesa a cui sono da anni costretti i pazienti con patologia di urologia oncologica prima di essere operati presso l’ospedale di Trieste, tempi che vanno oltre i 30 giorni stabiliti, nonostante il rischio conseguente alla dilatazione dei tempi di attesa. Il tutto reso ancor più odioso dall’uso di “artifici” per far sì che nei rapporti la tempistica risultasse rispettata.
 
Questi sono solo alcuni esempi della “disattenzione” della nostra sanità regionale verso i malati di tumore, a conferma di quanto denunciato dal cittadino sopra citato, che trae la seguente conclusione:
 

Ritengo che, quanto sin qui esposto evidenzi un grave vulnus dovuto alle carenze della legge di riforma sanitaria del 2014. Una sorta di tallone d’Achille (forse non l’unico), che arreca gravi disagi ai soggetti affetti da malattie tumorali, impedendo l’integrazione del percorso diagnostico – terapeutico enunciato, da anni, dal piano oncologico nazionale.”

Fino a pochi anni fa il servizio sanitario della nostra regione era un modello portato come esempio virtuoso nel panorama della sanità nazionale, oggi restiamo indietro addirittura nelle cure dei malati affetti da tumore, che dovrebbero rappresentare una priorità assoluta.
 
Walter Zalukar
Presidente Associazione Costituzione 32
 

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