LA SOLITUDINE COATTA DEL MALATO

Un cittadino descrive le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i malati degenti negli ospedali e nelle residenze della nostra regione.

“Finito l’aspetto più pericoloso e coinvolgente del Covid-19 e l’aspetto pandemico, restano le macerie di un biennio controverso e spesso funesto per la sanità. Non sono bastati i cincischiamenti e l’aspetto ondivago di una sanità pubblica che ha vacillato sotto i colpi e l’aggressione del virus: è mancata l’occasione e non si è colto il momento per mettere in sicurezza o quanto meno rimediare le criticità presenti nel settore. Ai gravi disagi, ai lutti e a quella sensazione di fragilità di tutti noi, resta il colpo di coda di una gestione politico ammnistrativa che sa tanto di impreparazione e ignavia: le circolari, gli atti interni, il susseguirsi di istruzioni per il personale poco chiare, contraddittorie. Riconosco che c’è penuria di personale, che quest’ ultimo è stressato e pagato male, e che deve attuare provvedimenti protocollari e paternalistici che espropriano il malato dei suoi diritti fondamentali. Il luogo di cura deve essere e restare un rifugio e una ricerca della salute perduta, non luogo di disagio e di solitudine coatta quando con un ordine del giorno s’impedisce al care-giver, al famigliare di assistere il proprio caro. Come si pensa di proseguire un percorso di cura nei pazienti ricoverati o comunque anziani se viene a mancare una sua componente essenziale data dall’affetto dei familiari e dai volontari della quotidianità che frequentano le strutture assistenziali? I responsabili della nostra salute hanno il dovere di organizzare strutturalmente e culturalmente un modo diverso per farci stare vicino ai nostri cari nel rispetto di tutte le procedure di sicurezza. Ci sono regole da osservare per chi entra nel reparto ed è giusto, ma sono le stese regole di chi lavora. Scusate ma il personale di pulizia, il tecnico che lavora ed entra in ospedale non deve forse rispettare le stesse regole e se va bene per loro perché non dovrebbe essere lo stesso per il parente che siede accanto al letto della persona cara? La sanità e l’assistenza operano ancora in gran parte secondo un modello paternalistico dove l’utente viene espropriato dei suoi diritti fondamentali per essere accudito come un bambino, voi non preoccupatevi, ci pensiamo noi! I nostri cari guariranno prima con noi e anche quando non potranno farlo, l’ultimo viaggio sembrerà meno disperato se lo faremo insieme, tenendogli la mano. Queste scelte non appartengono alla medicina ma alla società. Le case di riposo rimaste chiuse alle visite dei familiari durante le ondate pandemiche, risultano ancora oggi aperte a macchia di leopardo, ma non hanno tratto vantaggio da queste posizioni di chiusura, ma si sono distinte per i tanti decessi e allora nonostante tutte queste precauzioni è giocoforza ricondurre quindi i contagi agli operatori, che talora non sono stati preparati ad affrontare situazioni critiche come queste. E per concludere: la solitudine del malato, dell’anziano, del fragile è angosciante, inumana e se coatta ci ricorda da vicino un lager!” (lettera firmata)

Che dire? È avvilente dover leggere una simile lettera, sapendo che è tutto vero, che umanità e rispetto verso i malati sono parole ormai desuete.

E i nostri stanno a guardare.

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