NUE 112: è ora di cambiare

 
A tre mesi dall’attivazione del NUE 112 (Numero Unico dell’Emergenza) il bilancio pare molto preoccupante, come testimoniato dalle numerose segnalazioni provenienti da tutto il territorio regionale che lamentano tempi inutilmente lunghi al telefono e incertezze nel riconoscere la tipologia e la gravità degli eventi, con conseguenti ritardi e confusione sul tipo di soccorso da allertare.
 
Esemplificativo quanto accaduto a Trieste dove per soccorrere un lavoratore schiacciato da pesanti barre metalliche si è omesso di allertare i Vigili del Fuoco, indispensabili per rimuovere il peso in piena sicurezza, mentre pochi giorni dopo in soccorso a un pedone investito e steso a terra oltre al 118 sono stati inviati anche i pompieri, non si sa a fare cosa.
 
Ritardi e confusioni si susseguono, ma si ha notizia solo di quelli più eclatanti anche perché ormai i cittadini si stanno abituando. Anche gli addetti ai lavori sono rassegnati, ma sempre più preoccupati in quanto non allertare tempestivamente i tipi di soccorso necessari per un determinato evento espone gli operatori che intervengono sul posto a pesanti rischi aggiuntivi, egualmente inviare a sirene spiegate soccorsi che palesemente non servono espone all’inutile rischio di incidenti.
 
Ma nessuno può sorprendersi di quanto sta accadendo: è evidente che se a ogni chiamata di soccorso devono rispondere in sequenza due diversi operatori al posto di uno, facendo suppergiù le stesse domande, i tempi perlomeno raddoppiano.
 
Gli operatori che rispondono in prima battuta al 112 provengono per lo più da storie lavorative in call center commerciali e quindi sono privi di specifica esperienza nelle attività di emergenza, per cui i tempi non possono che allungarsi: un profano, per bravo e disponibile che sia, avrà bisogno di più tempo per capire situazioni che non ha mai vissuto, soprattutto se drammatiche e molto concitate.
 
E altro tempo passa quando la geolocalizzazione non si attiva (almeno una chiamata ogni venti!), e quindi gli operatori, che non hanno conoscenza di tutto il territorio regionale, sono costretti a fare altre domande per capire dove dirigere i soccorsi. In questi casi si arriva facilmente a 4-5 minuti per completare l’intervista e passare finalmente la telefonata alla Centrale operativa competente, quindi polizia, sanità o pompieri, dove risponde un professionista dell’emergenza, che prende comunque altro tempo e i minuti si accumulano.
 
Da numerose e documentate segnalazioni risulta come non sia raro superare abbondantemente i 5-6 minuti anche per eventi facilmente inquadrabili, come gli incidenti stradali, per i quali in epoca pre112 erano sufficienti 30 secondi di telefonata per localizzare esattamente il target e far partire i mezzi di soccorso appropriati.
 
Ma oltre alla dilatazione dei tempi di chiamata, elemento già criticissimo nel contesto dell’emergenza dove anche i secondi sono preziosi, si assiste anche all’imprecisione sulla tipologia del soccorso da allertare, che rappresenta un altro elemento di grave criticità perché espone tutti, vittime e soccorritori, a inaccettabili incrementi di rischio.
 
Un anno fa la presidente Serracchiani annunciava trionfalmente che il Friuli Venezia Giulia sarebbe stato la seconda regione italiana ad avere il NUE 112 magnificando il nuovo servizio in quanto, a suo dire, avrebbe coniugato efficacia ed efficienza, migliorando i soccorsi e razionalizzando la spesa.
 
Oggi ci accorgiamo di avere un soccorso peggiore del precedente e che per questo si sono spesi, anzi buttati, milioni di euro in investimenti, mentre centinaia di migliaia di euro si spenderanno ogni anno per la spesa corrente. Un vero capolavoro “all’incontrario”: si spende di più per avere di meno.
 
Poiché la realtà odierna risulta ben diversa dagli annunci del passato i responsabili di tale scempio cercano oggi di giustificarsi raccontando di averlo dovuto fare per adeguarsi all’Europa perché erano le direttive della CE ad imporcelo.
 
Ma non ci stanno raccontando la storia giusta.
 
E’ vero che la CE ha voluto che ci fosse un numero telefonico di emergenza valido in tutti i paesi membri, in modo che qualsiasi cittadino europeo avesse in tutto il continente un unico riferimento da chiamare in caso di emergenza. Una direttiva assolutamente corretta, anche perché la CE ha indicato solo il numero da adottare, il 112, non certo il tipo di organizzazione per utilizzare detto numero, e tantomeno ha indicato lo sciagurato modello scelto dall’Italia, che sembra il più inefficace e inefficiente.
 
Infatti la normativa europea di merito indica che “gli Stati membri devono prendere le necessarie disposizioni organizzative, meglio rispondenti all’organizzazione nazionale dei sistemi di emergenza, per assicurare che le chiamate a questo numero siano gestite correttamente” e a tal fine specifica che “il numero unico europeo per chiamate di emergenza potrà essere usato, ove opportuno, parallelamente agli altri sistemi nazionali esistenti.”
 
91/396/CEE: Decisione del Consiglio, del 29 luglio 1991, sull’introduzione di un numero unico europeo per chiamate di emergenza:
 

Articolo 1

  1. Gli Stati membri assicurano l’introduzione del numero 112 nelle reti telefoniche pubbliche, nelle future reti digitali integrate nei servizi nonché nei servizi pubblici mobili come numero unico europeo per chiamate di emergenza.
  2. Il numero unico europeo per chiamate di emergenza viene introdotto, ove opportuno, parallelamente a ogni altro numero nazionale esistente per tali chiamate.

La successiva Direttiva 98/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 1998 all’art. 7 comma 2 prescrive che “Gli Stati membri fanno sì che sia possibile effettuare gratuitamente, e senza dover utilizzare monete o schede telefoniche, chiamate di emergenza a partire dai posti telefonici pubblici a pagamento formando il numero unico europeo per le chiamate di emergenza «112», di cui alla decisione 91/396/CEE, e gli altri numeri nazionali di emergenza.”

 
Quanto sopra è confermato dalla Direttiva 002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002:
 

Articolo 26

Numero di emergenza unico europeo

  1. Gli Stati membri provvedono affinché, oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali specificati dalle autorità nazionali di regolamentazione, tutti gli utenti finali di servizi telefonici accessibili al pubblico, ed in particolare gli utenti di telefoni pubblici a pagamento, possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo “112”.
  2. Gli Stati membri garantiscono che le chiamate al numero di emergenza unico europeo “112” ricevano adeguata risposta e siano trattate nel modo più conforme alla struttura nazionale dei servizi di soccorso e in maniera compatibile con le possibilità tecnologiche delle reti.

La CE non ha mai imposto di sopprimere il 118 per chiamare il soccorso sanitario, il 115 per i pompieri, il 113 per la Polizia, l’Europa ha semplicemente chiesto che accanto ai numeri nazionali di emergenza ci fosse anche il 112 quale riferimento per i cittadini dei paesi aderenti alla CE.
 
E infatti nella maggior parte dei paesi europei le Centrali operative di polizia, pompieri e sanità continuano a ricevere le chiamate attraverso i propri numeri telefonici ai quali si aggiunge il 112, che fa capo a una delle suddette centrali, spesso a quella della polizia. In altre realtà il 112 fa capo a una Centrale operativa interforze, come a Madrid, dove lavorano insieme pompieri, sanità, polizia e guardia civile.
 
Pochissime sono invece le Centrali con operatore laico, caratterizzate da assetti organizzativi differenti dal nostro.
 
Non pare superfluo sottolineare ancora una volta che nelle situazioni di arresto cardiaco per poter avere una buona prognosi bisogna agire nei primi minuti, e passati i 10 minuti è scontato l’esito infausto. Ogni minuto che passa dopo che il cuore si è fermato comporta il 10% di probabilità in meno di sopravvivenza. Prima dell’avvento del NUE 112 a Trieste in centro città in caso di sospetto arresto cardiorespiratorio l’autoambulanza arrivava di solito in 3, massimo 4 minuti dopo l’allarme, che significava il 50- 60% di chance di sopravvivenza. Adesso con il NUE 112 la riduzione di chance è determinata dai minuti necessario alle Centrali 112 e 118 per processare la chiamata, per cui i tempi complessivi di soccorso raddoppiano o più, anche superando i 10 minuti: di conseguenza è matematicamente certo l’aumento di mortalità per l’arresto cardiaco.
 
Ma oltre all’arresto cardiaco, l’allungamento dei tempi di soccorso può risultare catastrofico in caso di incendio, di gravi ferite, di aggressioni, ecc., tutte situazioni dove anche pochi minuti di ritardo possono rappresentare la differenza tra la vita e la morte, tra l’integrità e l’invalidità di chi sopravvive.
 
Dovrebbero bastare queste considerazioni per ritenere indifferibile una revisione dell’intero impianto organizzativo perché non è concepibile ostinarsi a mantenere un sistema peggiorativo rispetto al precedente in un settore vitale per la salute e la sicurezza pubblica.
 
In coerenza con le indicazioni della CE basterebbe ripristinare i numeri nazionali 113, 115 e 118, in modo che a rispondere sia l’operatore della Centrale chiamata, quindi sempre un professionista esperto dell’emergenza e del territorio, così da garantire la partenza del soccorso più appropriato nel minor tempo possibile, come avveniva fino a tre mesi fa.
 
E il 112? Di certo non potrebbe essere lasciato nell’attuale regime con la prima risposta affidata a operatori laici, in quanto si scontrerebbe proprio con la citata Direttiva 2002/19/CE dove questa prescrive che “le chiamate al numero di emergenza unico europeo 112 ricevano adeguata risposta e siano trattate nel modo più conforme alla struttura nazionale dei servizi di soccorso”. Infatti il cittadino straniero sarebbe discriminato, avendo una risposta meno professionale e comunque più lunga che non il cittadino italiano.
 
E’ stato mai fatto un rilevamento sul numero di chiamate effettuate da stranieri ai numeri di emergenza?
 
Probabilmente no. Verosimilmente gli stranieri che telefonano direttamente ai numeri dell’emergenza sono assai pochi, perché di solito se uno straniero sta male o subisce un incidente in strada sono gli astanti, per lo più italiani, che provvedono a richiedere il soccorso, e se l’evento succede in albergo o in altri locali pubblici è il personale di questi a telefonare.
 
Quindi il 112 potrebbe fare capo alla Centrale 113 della Polizia, che da quasi mezzo secolo è il riferimento di soccorso pubblico, e non pare che abbia mai demeritato in questa delicatissima attività. E forse si potrebbero finalmente porre le basi per un’unica Centrale operativa di Polizia e Carabinieri e questa sì che sarebbe una vera innovazione in termini di efficienza ed efficacia.
 
Nonostante gli evidenti riscontri negativi non sembra esserci l’intenzione di rimediare. L’ostacolo è politico: l’arroganza di chi ha fatto queste scelte senza voler ascoltare chi già allora chiedeva maggior prudenza e ponderatezza non consentirà di riconoscere l’errore e di rimediarvi, a meno che non vi sia costretto.
 
L’unico strumento che rimane ai cittadini è la denuncia pubblica dei ritardi e dei disservizi conseguenti alla riforma sanitaria e all’attivazione del NUE 112 per ottenere una profonda revisione del sistema dell’allarme sanitario, e non solo, allo scopo di sanare gli attuali ritardi e incongruenze dei soccorsi e dei servizi, che possono  mettere a rischio  la vita, la salute e la sicurezza dei cittadini della nostra regione
 
A questo fine l’Associazione Costituzione 32, in collaborazione con i Comitati di rappresentanza dei cittadini che difendono la sanità pubblica, promuove un nuovo gruppo facebook “L’osservatore sanitario del Friuli Venezia Giulia”, dove chiunque sia vittima o testimone di ritardi e incongruenze dei soccorsi e dei servizi possa segnalarli mediante un apposito modulo elettronico.
 
Per essere più incisivi e nel contempo dare concreto aiuto a chi ha riportato danni a causa dei disservizi vi è anche l’impegno di fornire parere medico-legale, a titolo gratuito, al fine di valutare le eventuali possibilità di ristoro dei danni patiti.
 
Il Consiglio Direttivo
Associazione Costituzione 32
 
Dott. Walter Zalukar
Dott. Bruno Gambardella  
Prof. Giuseppe Bellini 
 

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3 Responses

  1. Messaggero Veneto, 22 luglio 2017. Cronaca di Pordenone. Fabiano Filippin, Donna cade in strada, soccorsa dopo 35 minuti: una 69enne grave a Udine. Proteste per l’intervento “lumaca” a Campagna. Il direttore dell’Aas: «Nuovo servizio da migliorare, incontrerò i vertici del 112».
    «Versa in gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Udine, la donna di 69 anni che venerdì pomeriggio si è infortunata a Campagna di Maniago. La signora si è inciampata nel marciapiede sconnesso antistante la piazza della frazione, cadendo e battendo il capo». È stata soccorsa 35 minuti dopo. Non si possono avere più parole per questa sanità. E mi domando, da profana: Chi sono i vertici del 112? Telesca? Serracchiani? Panotin? La protezione civile? La Giunta Regionale, od esiste un dirigente responsabile di cui non sono riuscita a trovare il nome?

  2. Un’altra considerazione: in caso di incendio all’aperto è normale che il 115 riceva centinaia di segnalazioni, diventa molto difficile parlare con un operatore, ma questo non aveva ripercussioni sugli altri servizi sos. Il nuovo sistema invece mi dà da pensare.

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