La Riforma sanitaria del Friuli Venezia Giulia ha incentrato la revisione dell’organizzazione sugli accorpamenti e così si sono accorpate intere aziende, ospedali, reparti clinici, laboratori, fino alle Centrali Operative 118.
Il tutto in nome di una razionalizzazione che nelle attese del legislatore avrebbe dovuto coniugare importanti risparmi di risorse a sensibili aumenti di qualità dei servizi.
Ma tali attese, del tutto fideistiche e prive di supporti scientifici e di serie simulazioni, non hanno dato i risultati sperati, anzi gli accorpamenti hanno contribuito allo sfascio della nostra sanità regionale.
“Le evidenze empiriche di beneficio nella performance ed economicità dovute agli accorpamenti sono scarse e l’incremento della dimensione organizzativa produce una maggiore “distanza” tra vertice strategico e linee operative con conseguente aumento di costi di integrazione legati alla necessaria espansione delle funzioni di middle management”
Questa è la conclusione a cui giunge uno studio di Marco Mariani, Anna Acampora, Gianfranco Damiani, Istituto di Sanità Pubblica-Sezione di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore.
Dallo studio emerge che “non esiste automatismo tra l’aumento delle dimensioni dei bacini di utenza e miglioramenti nella performance delle aziende o nelle economie di scala e che l’accorpamento in sé non è condizione necessaria né sufficiente per realizzare integrazione dell’assistenza sanitaria.”
Infatti “procedere in un processo di accorpamento non significa esclusivamente assumere una decisione di politica sanitaria da perpetrarsi “a freddo”, a costo zero e con realizzazione di effetti immediati,” come gli annunci della Serracchiani avevano tentato di far credere.
Invece “l’accorpamento richiede un accompagnamento culturale e tecnico dell’organizzazione che consenta la realizzazione dell’integrazione dei processi assistenziali e normo-tecnici in condizioni di maggiore complessità. Tale intervento tecnico consiste nella duplice azione sulla leva formativa ed informativa, con conseguenti investimenti. La prima azione comporta la qualificazione dei professionisti per operare in condizioni di cambiamento organizzativo e lo sviluppo di funzioni di staff volte al controllo di processi trasversali ampliati. La seconda azione prevede lo sviluppo di infrastrutture informativo-informatizzate per la gestione clinico-assistenziale dei pazienti capillarmente personalizzata.”
Ne deriva che l’accorpamento è un processo complesso che richiede un’attenta programmazione che valuti le caratteristiche di fattibilità e che simuli e preveda l’impatto organizzativo.
Alla base degli accorpamenti prodotti dalla riforma sanitaria sembrano esserci state solo mere dichiarazioni del “dover essere”, senza alcuna seria valutazione e preparazione, per cui in tante strutture, che un tempo fornivano servizi eccellenti, una volta accorpate si è osservata una sensibile riduzione della qualità dei servizi, a fronte di costi immutati o addirittura cresciuti.
E a ciò bisognerà porre rimedio.
Walter Zalukar
Presidente Associazione Costituzione 32
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Io credo che l’accorpamento stesso dei servizi vada in senso contrario al principio di territorialità degli stessi. Ora è chiaro che alcuni reparti super specialistici possono esistere solo in grandi ospedali, ove fare interventi di un certo tipo, ma la piccola e usuale chirurgia può avvenire anche in più centri, come la visita specialistica. E ove il teerritorio è vasto, come in Normandia, i punti di pronto soccorso non mancano mentre qui … Centralizzare l ‘emergenza urgenza è un suicidio per l’utenza. Inoltre a me pareva che il sistema regionale pregresso rispondesse sufficientemente alle richieste dei cittadini, e che si potesse rivedere alcun iaspetti con gli operatori, mentre ora ciò non accade. Ripeto che la prima cosa da fare, a mio avviso, e scindere nel bilancio sanità e sociale/salute, (coinvolgendo nella spesa ed erogazione dei servizi per il salute gli enti territoriali), ma anche, come credo già avvenga, la spesa per manutenzione e messa a norma di edifici, cercando di non sforare. Inoltre la visione accentratrice ha alle sue spalle anche una visione distorta della società, che non vede i reali problemi come spostamenti di popolazione anziana e non tiene conto dell’abitudine ai luoghi di cura territoriali. Insomma siamo ad una sanità fredda, glaciale, senz’ anima e che non valuta sufficientemente aspetti psicologici di noi poveri cristiani, come la fiducia e l’abitudine ai luoghi.