L’ASUITS (Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste) ha adottato, con l’approvazione della Direzione centrale della Salute, un Atto aziendale che è in molte parti in netta contraddizione con la stessa programmazione regionale.
Fermo restando che i contenuti della riforma sanitaria e gli atti collegati hanno portato a tagli e incongruenze tali da aver precipitato un sistema sanitario tra i primi d’Italia all’attuale situazione di degrado, purtroppo ingravescente, stupisce che l’ASUITS possa deliberare un tale provvedimento in dissonanza dagli schemi organizzativi fissati dalla normativa regionale.
In particolare un numero cospicuo di Strutture semplici dipartimentali ospedaliere istituite dall’ Atto aziendale non corrisponde a quanto disposto dalla Giunta regionale con le Delibere 2673/2014 e 929/2015, che individuano con rigidità, ma anche con chiarezza, quali strutture possono essere previste.
E’ pacifico che i tagli di strutture effettuati dalla Regione, che hanno svilito pesantemente il Servizio sanitario pubblico, rispondono a una certa logica minimalista ed in quest’ottica possono contenere qualche parziale elemento di razionalità.
L’Atto aziendale proposto dall’ASUITS, invece, per questi aspetti sembrerebbe improntato a seguire logiche e obiettivi diversi e ignoti ai più.
E pare esservi stato anche un comportamento ambiguo da parte della Direzione centrale della Salute, che con una nota del 31 maggio 2017 aveva dapprima puntualmente contestato all’Azienda la previsione di Strutture non permesse dalle disposizioni regionali per poi approvarle appena un mese dopo.
L’ASUITS, in risposta alle contestazioni della Regione, si è in sostanza limitata a modificare, spesso facendo delle semplici perifrasi, le denominazioni delle Strutture in questione, e ha riproposto pressoché tutte le Strutture che la Regione aveva cassato.
In dettaglio:
- la Struttura dipartimentale “Centro interdisciplinare e interdipartimentale di Emodinamica ultrasonografica” del Dipartimento di Medicina interna, non prevista dalla Regione, è stata rinominata “Formazione e ricerca in Ultrasonografia vascolare”, neppure questa prevista;
- la “Cardioanestesia” è diventata “Anestesia e Rianimazione in ambito cardiovascolare”;
- la “Prevenzione e trattamento della Fragilità ossea” è diventata “Centro per lo Studio e lo Sviluppo di Strategie preventive e terapeutiche delle Ricorrenze fratturative dell’Anziano”; nessuna delle due, né una struttura analoga, è prevista, o meglio permessa dalla Regione;
- il Centro Sociale Oncologico è diventato “Oncologia senologica e dell’apparato riproduttivo femminile” comunque non prevista dalla Regione;
- viene addirittura istituita ex novo la Struttura dipartimentale “Pronto soccorso ospedale Maggiore e gestione delle urgenze territoriali”, per cui Trieste raddoppia le strutture autonome di Pronto Soccorso, al di fuori di tutta la programmazione regionale, oltre che di ogni logica.
Ma anche alcune Strutture Complesse ( le famose “poltrone” della Telesca) derogano dalla programmazione regionale. Infatti al rilievo che nel Dipartimento di prevenzione è indicata la SC di Medicina Legale non prevista dalla DGR 929/2015, l’ASUITS risponde cambiando nome e al posto della Medicina legale troviamo: “S.C. Accertamenti clinici legali per finalità pubbliche”. Quindi grazie al cambio di nome le strutture complesse di Medicina legale rimangono due, e inspiegabilmente neppure inserite nello stesso Dipartimento.
Nel mentre la Struttura Complessa Centro Cardiovascolare, finora territoriale, transita nel Dipartimento ospedaliero cardiotoracovascolare; e così di fatto l’ospedale di Trieste si ritrova con due strutture complesse di Cardiologia.
Sia chiaro che non si contesta l’utilità e l’opportunità che le suddette strutture complesse continuino ad operare come tali, considerato l’egregio lavoro fin qui svolto sia dal Centro Cardiovascolare sia dalla Medicina Legale afferenti all’area territoriale. Ma deve esserci chiarezza, se le regole imposte dalla Regione prevedono la soppressione di strutture complesse che risultano invece essenziali, allora le regole devono essere cambiate, non aggirate o ignorate, altrimenti si esce dallo stato di diritto.
Mentre sembra del tutto priva di spiegazione logica l’istituzione di due mega dipartimenti inventati dall’Atto aziendale: il DAO, Dipartimento di Assistenza Ospedaliera, e il DAT, Dipartimento di Assistenza Territoriale. Si è usata la parola “inventati” in quanto nessuna norma né regionale, né nazionale sembra prevederne l’esistenza, né potrebbe farlo vista l’illogicità. Per quanto noto l’ordinamento vigente indica i dipartimenti come aggregazioni di strutture complesse omogenee e/o complementari. Non si è mai visto un dipartimento che aggreghi altri dipartimenti, dal punto di vista ordinamentale è contronatura, un mostro organizzativo. Tanto che nell’atto aziendale si prevede che per questi Dipartimenti sui generis i “compiti e modalità di funzionamento saranno disciplinati con apposito Regolamento attuativo elaborato dall’Azienda”. Ovvero non sono definiti né i compiti né il funzionamento di questi mega dipartimenti, ma sono già stati individuati e nominati i due direttori, anche se ancora non si sa cosa esattamente dovranno fare, ma evidentemente si sa che non possono che essere loro a saper fare, non si sa ancora cosa.
Assume aspetti esilaranti anche la querelle circa il nome da attribuire al Coordinamento socio assistenziale, infatti la Regione aveva rilevato che “il funzionigramma riporta erroneamente “Direzione sociosanitaria” in contrasto con l’art. 12 della LR 17/2014”, che prevede appunto la figura del Coordinatore socio assistenziale, non del direttore. Quindi che fa ASUITS? Un colpo al cerchio ed uno alla botte ed ecco spuntare la nuova denominazione di “Direzione Coordinamento Sociosanitario”. Così avremo unici in Italia e forse nel mondo uno stesso soggetto identificato chiaramente dalla LR 17 con la qualifica di coordinatore socio sanitario che diventa direttore del coordinatore socio sanitario, ovvero di se stesso, soggetto evidentemente uno e bino.
Relativamente alla psichiatria la Regione aveva rilevato che “l’assetto organizzativo del DSM di ASUITS appare sovradimensionato rispetto all’assetto delle altre aziende che non prevedono un’articolazione organizzativa dedicata all’abilitazione e alla recovery.”
Anche qui nessun problema poiché basta cambiare nome e così la “Struttura semplice dipartimentale Abilitazione e Recovery” diventa “Struttura semplice dipartimentale Servizio Abilitazione, Residenzialità e REMS”, e il gioco è fatto e si possono mantenere 6 strutture psichiatriche con altrettanti direttori.
Tutto questo è stato approvato dal Direttore centrale della Salute con proprio specifico decreto del 30 giugno u.s. smentendo in tal modo quanto la stessa Regione aveva espresso in precedenti atti deliberativi e lasciando far beffa per ben tre volte delle disposizioni regionali: della delibera 2673 del 2014, che definisce le funzioni negli ospedali, della 929 del 2015 che individua i reparti e i servizi, e della nota del 31 maggio c.a. con cui lo stesso Direttore centrale della Salute richiamava l’ASUITS al rispetto delle suddette regole.
Visto che nonostante la sostanziale inosservanza delle prescrizioni regionali la Direzione centrale della Salute ha egualmente approvato l’Atto aziendale presentato dall’ASUITS, viene da chiedersi che cosa abbia determinato in realtà questo cambiamento di opinione, e una condotta così opaca e contraddittoria, perché dapprima si è imposto all’Azienda di applicare la norma e, poco dopo, le si è permesso di “interpretare” molto liberamente.
Si deve evidenziare che invece in tante altre realtà della nostra regione reparti e servizi sono stati soppressi e ospedali chiusi senza possibilità di deroga, in nome del rispetto della programmazione regionale.
Né si può scordare la severità e il rigore che la Regione aveva manifestato con la decisione di chiudere un’ottantina di reparti ospedalieri, definendoli inutili poltrone per i primari.
In questo contesto si ricorda che l’ASUITS non aveva esitato a sopprimere due strutture importanti come la 1° Chirurgica e l’Ortopedia ospedaliera, di rilevanza strategica, in nome del rispetto della programmazione regionale e sempre in nome di questa si appresta ora a chiudere due ulteriori strutture complesse, tra cui la Medicina d’Urgenza, che sembra un po’ più rilevante per la salute pubblica che non la maggior parte delle strutture prima elencate, anch’esse non previste dalla programmazione regionale, ma forse coerenti con altre insopprimibili esigenze delle componenti aziendali.
Tutto ciò suggerisce come l’applicazione di una assai discutibile riforma sanitaria sia ben lontana dal mettere al centro il cittadino se quanto, a detta della Regione, accuratamente pianificato nell’interesse del malato e del servizio sanitario pubblico, può mutare completamente da un giorno all’altro senza un evidente, comprensibile motivo.
Walter Zalukar
Presidente Associazione Costituzione 32
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