La notizia del rientro in servizio dei sanitari non regolarmente vaccinati sta suscitando reazioni che a mio parere sono piuttosto inquietanti.
La violenza dei toni, o dei contenuti anche quando esposti con garbo, appare del tutto irrazionale e inappropriata rispetto alle situazioni reali e alla necessità di trovare soluzioni che vadano il più possibile a vantaggio di tutti.
Si sente ripetere, anche da persone autorevoli in ambito scientifico “non mi farei curare da un medico non vaccinato” anche perché “dimostra di non seguire la scienza”. Ma questo rimarrebbe anche se le sospensioni scadessero a dicembre. E allora cosa si vorrebbe? Il licenziamento? La radiazione dagli Ordini? Sanzioni a ripetizione finché il soggetto non rinnega? Bisogna però avere il coraggio di dirlo, e non limitarsi a un’affermazione che attira facili consensi (chi mai si opporrebbe alla Scienza?) piantata lì come una bandiera.
Autorevoli esponenti del mondo scientifico sono dubbiosi sull’efficacia dell’attuale strategia vaccinale contro il Covid, anche alla luce delle evidenze emerse ormai da mesi sulla rapida perdita della protezione. Non sono certo aprioristicamente contrari al vaccino, anzi lo raccomandano ad alcune categorie di persone, ma contribuiscono in modo critico al dibattito scientifico, con argomentazioni che qui sarebbe troppo lungo ricordare, ma facilmente consultabili anche sulle maggiori riviste scientifiche che hanno permesso l’accesso libero in internet alle pubblicazioni sul Covid.
Non prendiamoci in giro, identificando la scienza con la Verità, perché la scienza non è questo. Il progredire della scienza è alimentato dal dubbio. Bollare come no-vax chiunque esprima, a parole o con i fatti (leciti), dei dubbi e delle critiche non è onesto.
Ma non c’è solo questo: sembra non siano pochi i sanitari che hanno contratto il Covid, ma per un motivo o per l’altro non sono riusciti a certificare l’avvenuta infezione, che per le disposizioni dell’ex Ministro Speranza è ammessa solo in presenza di un tampone “ufficiale” positivo. Per esempio, il riscontro di un livello di anticorpi non spiegabile con precedenti vaccinazioni, e quindi certamente causato dall’aver contratto il virus, non è riconosciuto quale prova, e in questi casi gli operatori hanno dovuto scegliere: ricevere il vaccino poco dopo la guarigione, o andare incontro alla sospensione dal lavoro e dallo stipendio. C’è chi, giustamente e responsabilmente, è rimasto a letto con la febbre ed è andato a fare il test presso le strutture sanitarie quando questo si era ormai negativizzato. Ci sono stati disservizi e disguidi burocratici con le registrazioni dei dati, per cui anche sanitari perfettamente in regola si sono trovati sospesi.
Con l’attenuarsi degli effetti della pandemia ci si poteva aspettare che la situazione si tranquillizzasse e che l’informazione e il dibattito scientifico sostituissero i toni da stadio. E invece no. Viene il sospetto che le ragioni di tutto questo livore abbiano poco o nulla che vedere con la scienza o con il virus.
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