Trieste: colpito da infarto cardiaco a meno di 3 km dall’ospedale vi arriva 40 minuti dopo

Buongiorno, il 14 marzo Stefano esce alle 13 da casa per andare a correre come ogni giorno. Lui è molto sportivo, ha 72 anni e gode di ottima salute. Alle 14.25, Stefano è sulla via di ritorno nel bosco del Farneto ma accusa un improvviso e violento dolore al petto, capisce che qualcosa di serio sta accadendo, si porta a fatica al margine del bosco, e giunto al piazzale nei pressi del Ferdinandeo decide di chiamare il 112. Sono le 14.30. L’operatore non ha idea di dove si trovi Stefano tanto che chiede più volte un numero civico. Cade la linea e la situazione peggiora, Stefano viene richiamato dall’operatore che cerca inutilmente di capire la posizione e la linea cade per ben 3 volte, sono le 14.44 quando riceve l’ultima telefonata e stavolta sembra che almeno la zona sia più o meno chiara, ma dopo alcuni minuti, non vedendo arrivare nessuno, una passante appena fermatasi a prestare soccorso richiama (e siamo a 5) per sollecitare. Il dolore è continuo, lancinante, insopportabile. Passa altro tempo e arriva l’ambulanza, l’infermiere competentissimo ha subito chiara la situazione, effettua terapia immediata e dirige al vicinissimo ospedale, direttamente in emodinamica. Il signor Stefano, colpito da infarto miocardico, ha subito un’angioplastica ed il posizionamento di uno stent, ora è stato dimesso e sta molto meglio, ma il medico ha dichiarato che se il tempo di arrivo in ospedale fosse stato minore l’ischemia sarebbe stata meno importante. Stefano è mio padre.
(lettera firmata)

Questo il racconto della figlia. Che altro dire?
Che il Ferdinandeo dista 2 km e mezzo dall’ospedale di Cattinara.
Il ritardo ha verosimilmente aggravato gli esiti dell’infarto, l’uomo ha dovuto sopportare atroci dolori per oltre 25 minuti.
Ed è andata ancora bene perché è noto che nei primi momenti dell’infarto vi è il massimo rischio di insorgenza di aritmie fatali.
 

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